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Poesia e diritto nel Due e Trecento italiano, 2019 a cura di Franziska Meier - Enrica Zanin Memoria del Tempo n. 65 pp. 248, ISBN 978-88-9350-033-3 € 18.00 E' possibile scaricare questo volume in versione PDF, a pagamento, tramite Casalini Libri Digital Division Franziska Meier e Enrica Zanin, Introduzione - Giuseppina Brunetti, Linguaggio giuridico e poesia alla corte di Federico II di Svevia - Antonio Montefusco, Pier della Vignae la sua eredità: Ars dictaminis, poesia, diritto e distribuzione sociale dei saperi nella corte siciliana - Michele Piciocco, Monte Andrea nella Bologna del ’200. Un’ipotesi di lettura per le canzoni ‘economiche’ - Roberto Righi, Mediante specie. Note a Francesco stimmatizzato - Franziska Meier, Maestro Francesco Accursio fece una proposta dinanzi al comune di Bologna. L’ascesa della figura del giurista nelle due redazioni del Novellino - Sara Ferrilli, Cino da Pistoia, Francesco da Barberino e l’astrologia giudiziaria: tra poesia, politica e cultura giuridica - Sabrina Ferrara, Boccaccio giurista? Un sondaggio nelle Epistole - Pia Claudia Doering, La giustizia penale nel Decameron di Boccaccio. Sulla difficoltà di discernere la verità dall’inganno (Novella Iii,7) - Claudia Di Fonzo, La questione della nobiltà da Dante al dantismo giuridico - Luca Marcozzi, La poesia concede la grazia? Petrarca, Cola di Rienzo e il processo del 1352 - Roberto Siniscalchi, Notai e poeti nella camera actorum di Bologna alla fine del trecento - Diego Quaglioni, Licet allegare poetas. Formanti letterari del diritto fra medioevo ed età moderna - Francesca Iurlaro, Poesia e poetica del diritto delle genti: alcuni cenni sull’importanza normativa dell’exemplum poetico in età moderna. |
Che poesia e diritto, nel Due e Trecento, siano intimamente legati è cosa nota. Si sa che grandi poeti come Giacomo da Lentini e Cino da Pistoia furono, al tempo stesso, grandi giuristi. Ma sia gli storici del diritto che i filologi non spingono oltre le loro ricerche e restano nello stretto perimetro della loro disciplina, come se l’idea che il diritto possa entrare in poesia fosse inimmaginabile. Questo volume intende invece prendere insieme poesia e diritto, e capire perché in Italia, nel Medioevo, la poesia sia entrata nel diritto (Literature in Law) e, perché, inversamente, il diritto sia entrato in poesia (Law in Literature).
Nei tredici capitoli di questo volume filologi e storici del diritto analizzano il legame tra poesia e diritto per metterne in prospettiva gli effetti e le ripercussioni, in un percorso che va del Duecento fino al primo Rinascimento. Il libro comincia alla corte di Federico II, dove fu realizzato un ambizioso programma giuridico-poetico a cui contribuì Pier della Vigna, coniugando con genio poesia e diritto nell’Ars dictaminis. Ci si sposta poi nel contesto giuridico bolognese, con le poesie di Monte Andrea e di notai poeti come Niccolò Malpigli; si studia l’astrologia giudiziaria con Cino da Pistoia e Francesco da Barberino; si rintraccia la figura del giurista e la sua ascesa nelle due redazioni del Novellino; si analizza l’uso raffinato e critico della retorica giudiziaria in una novella del Decameron. Arrivati in pieno Trecento, si considera la figura del poeta umanista, per capire se il rifiuto del diritto, che Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca ostentano nelle loro epistole, sia apparente o sostanziale. Infine, si scopre che la poesia stessa – non solo la poesia latina, ma anche quella di Dante – si trasforma in fonte d’autorità nel discorso giuridico del Trecento e continua a nutrire l’ius gentium nell’età moderna.