“Un treno è la stanza che mi riporta oggi una volta al mese in Romagna, dove vive ancora mia madre, e di nuovo, come quarant’anni fa, mi conduce nella città che ha dato riparo alla mia fuga, accoglimento alle mie, allora indefinite, speranze. Nonostante la vicinanza, ho sempre preferito che i ritorni a Fusignano e gli incontri con le donne di Ravenna non coincidessero, come se i due tratti di un’unica vita stentassero ancora a rappacificarsi l’uno con l’altro, a chiudere antiche ferite attraverso lo sguardo di lettrici gentili, attente, dichiaratamente desiderose di rintracciare nessi mai perduti tra un luogo e l’altro. Non sarà questo breve scritto a dire che il loro paziente lavoro ha lasciato un segno, ma senza dubbio, averle incontrate, mi ha insegnato a guardare con altri occhi il deserto che ho dovuto farmi alle spalle per poter vivere con più libertà la mia vita” (Lea Melandri).
Questo libro è l’antologia di una storia. è l’antologia di una storia ravennate che per alcune di noi ha inizio alla fine degli anni Ottanta con la lettura, che ebbe effetti dirompenti in alcune vite, di Come nasce il sogno d’amore di Lea Melandri. Una lettura che a un certo punto trovò spazio anche nel corso “La storia e il pensiero delle donne”, che dall’anno accademico 1994-1995 si tiene presso L’Università per la Formazione permanente degli Adulti “Giovanna Bosi Maramotti” di Ravenna.
Lea è milanese di adozione ma è nata a Fusignano in Romagna. Conoscerla personalmente e capire all’improvviso che c’era un ritardo da colmare è stato un tutt’uno. In tanti anni non abbiamo ancora studiato e dialogato con lei, “riportandola a casa”? Noi che abbiamo maturato debiti nei confronti del suo pensiero, e lei non lo sa, possiamo ritardare oltre l’incontro?